Rossella Renzi su “Alfabeto dell’invisibile” di Chiara De Luca

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Si apre con un Ritorno, questa nuova raccolta in versi di Chiara De Luca, che va ad arricchire una produzione poetica, e saggistica, vasta e raffinata, riconfermando una personalità di grande impegno e valore nel mondo della letteratura contemporanea.

Si apre con una dedica alla sua città, Ferrara, per poi tessere, pagina dopo pagina, una trama fitta di luoghi e persone, di ricordi e sensazioni che compongono un canto nostalgico e liberatorio. Con quel Ritorno (che dà il titolo alla prima sezione del libro, a cui seguono: Stazioni, Volti, Mare) si decide che è arrivato il momento di ricostruire il nido, portando con sé la paglia, il fango, le foglie degli affanni, “i ramoscelli dei ricordi,// e piume rapprese dall’acqua degli sguardi”. L’immagine è quella di un animale incline al volo, al viaggio, alla libertà, che decide di ritirarsi, con il suo bagaglio di affetti, memorie, presenze da custodire in un luogo sicuro e nella parola: “Ora che ho cercato altrove per vent’anni/ ritorno alla partenza.” In questo verso, e in numerosi altri, è come racchiuso un senso di rinascita: si rinnova la prospettiva, lo sguardo sulle cose che appaiono diverse. Anche la nebbia assume un valore positivo: dona luce e un volto nuovo a ciò che sta intorno, che risulta forse meno chiaro, ma più vero (“Anche la nebbia bianchissima ha una luce”). In questo cambiamento le cose sembrano rovesciate -“Il sole capovolge il castello nel fossato/ (…)/ le carceri ormai si sono aperte al cielo”-, la donna ridiventa bambina, le radici, rami che danzano in cielo, e il cielo arriva sulla terra, come la fine di un incantesimo, o l’inizio.

 
 

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