Pierangela Rossi su “Alfabeto dell’invisibile”

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Ritorno a Ferrara di una poetessa che «traduce» le nebbie

Di Pierangela Rossi su Avvenire del 12/01/2016

 

Esordio di una multi-traduttrice (da inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese) e fondatrice dell’editrice Kolibris, con molto «mestiere», metriche pressoché perfette, predilezioni per varianti a dire emozioni. E c’è un segreto – l’ineffabile – al centro cieco e luminoso di un mistero che più si pronuncia (la natia Ferrara) più sfugge. Restano mappe, incontri, volti, città sfuggenti. C’è da dire che quando qualcuno racconta una città, è la «sua» città che racconta e quella che ci snocciola nella memoria Chiara De Luca è fatta appunto di memorie. Il suo è un riannodare fili di un nostos, moderna Ulisse che ritorna nella patria minuscola dopo viaggi nel vasto mondo, con la nostalgia che sovrapposta alla realtà ha contorni slabbrati, e per quanto De Luca enumeri, dia nome e concretezza, profili ai volti, risonanza al mare, ribattezzi i vicoli dell’infanzia, le sagome intorno non combaciano mai. Sono meditazioni alate dove la concretezza risulta quasi un abbaglio, uno sbaglio, se non fosse che la realtà è di fatto l’unica materia che la poesia, come tutte le arti, ha a disposizione. È dunque la storia di un ritorno lieve, sfuggente, sui luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza, con quell’alone di mistero che dà la memoria, che fa filtro e cambia i fatti così come sono stati, se c’è stato dolore (elemento notato, nella figura della nebbia, anche dal bravo poeta prefatore Claudio Damiani). Insomma, i luoghi sono pre-testo per meditazioni.
Da un punto di vista tecnico, poi, è un libro perfetto: la lunga esperienza del tradurre (da una cinquantina di autori) ha reso la lingua duttile e ricca, l’ha portata alla scelta, maturata nella tensione a dar voce all’altro, di una metrica eufonica, precisa ma tutta sua, con scarti e improvvisazioni. «Dopo vent’anni in silenzio ti ritorno/ a guardare dritto nel centro del cuore/ da viaggiatore che ormai più non cerca/ / da tempo alcun riferimento, madre/ tanto lieve e inadempiente,/ eternamente infante, mia Ferrara» è l’incipit che segue all’esergo da Paolo Ruffilli. Scrive Damiani: «Ecco, proprio nascondendo la presenza, la nebbia può ancora nascondere, e contenere, l’assenza. Può conservarla. La nebbia è questa possibilità che presente e assente, visibile e invisibile siano ancora insieme». Ma De Luca è anche capace di costruire carnei come questo: «Sono sempre le donne ad andarsene prima/ tanto più lievi, senza clamori, truccate// ad arte negli abiti migliori, composte/ ancor prima di morire a preservare/ / la bellezza fino all’ultima offerta/ di mani mozzate dall’assenza. / / Luisa ha dentro gli occhi un fiume/ mentre guarda il vuoto del flacone. / / A me non è riuscito neanche di morire -/ la vita l’ho spesa a costruirmi/ senza ragione un passato migliore». Chapeau.

 
 

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