Gianluca Conte su Piano di evacuazione

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da glucaconte.blogspot.it

 

Piano di evacuazione di Flaminia Cruciani (Samuele Editore)

Aspetto la caduta del cosmo

di dare torto alla ragione

libera dal disagio della certezza.

(p.33)

Nelle mie letture – e recensioni – ho incontrato più volte la poesia di Flaminia Cruciani, e l’impressione ricevuta, pur con le dovute differenze correnti tra le opere, è stata quella di un continuum lirico puntuale, stentoreo, caratterizzato da potenza, classicità, originalità. Poche, come lei, hanno il dono di far coesistere negli stessi versi tali segni qualitativi, posti a una distanza siderale dalla meschina routine del poetese. Dopo Lapidarium e Semiotica del male, quest’ultima raccolta, Piano di evacuazione, Samuele Editore, 2017, non lascia adito a dubbi rispetto al talento e all’attitudine di “lacerazione” della poetessa. Fin dai primi versi  della silloge traspare l’effetto, a un tempo deflagrante e icastico, del sentire crucianiano: «Partecipo al destino della materia / provo il mondo mi sta stretto / cammino fra pagine di fuoco a piedi nudi» (p.19). Ci vuole una buona dose di coraggio per classicizzare la postmodernità, da alcuni ritenuta inesistente e posticcia, eppure così presente e viva, così primitiva nel suo essere già altrove, e coraggio ci vuole per considerare l’ipotesi del fuoco, di un originario e attualissimo pýr, come possibilità di un cammino poetico. La Cruciani sembra la cantrice di un profondo disfacimento, uno sfasciume mitico dell’estremo nichilismo dell’oggi, partoriente l’unica vera poesia, quella che non accondiscende mai alla soddisfazione escatologica, ma pungola, morde, forgia termini di dolore apocalittico: «Non ho sangue umano / ma linfa in chiave di sol che scorre nel mio venerdì / gigliocchi fioriti come demoni d’ombra […]» (p.23).

Gianluca Conte

 

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