Gianfranco Isetta su Piano di evacuazione

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Piccole note su Piano di evacuazione
di Flaminia Cruciani

 

Il senso di staccare, cogliere, ridurre in pezzi, strappare
Si dice di frutti e fiori da cogliere o api che succhiano il polline. Di chi si gode la vita ma ne è anche consumato
Io colgo, io colsi, sarà stato colto, cogliere

Questo breve spazio introduttivo di Paolo Ruffilli che ci indica forse un modello di salvezza…ne parlerò alla fine.

Non posso fare a meno, perchè completamente condivisibile, di seguire il taglio e la riflessione dell’introduttore Marco Sonzogni, con qualche tentativo di scavare ancora qua e là tra i versi di Flaminia e con l’inevitabile marchio del mio pensare.

Accettiamo facilmente
la realtà forse perché intuiamo che nulla è reale.
Ci dice Borges

C’è l’avverbio forse in questa frase che è una cifra, che è anche la mia, la premessa essenziale nel fare qualsiasi tipo di affermazione.

Nel senso che tutto quel che pensiamo, o pensiamo di pensare, che guardiamo e crediamo di vedere, tutto quel che immaginiamo di scegliere di vedere e incontrare, tutto quel che diciamo col nostro linguaggio non può che essere incatenato a quell’avverbio forse che ci ricorda quanto tutto è mediato dal nostro esserci (o pensare di esserci per vedere e dire ) come materia che si esamina e confronta con, anche qui, ciò che definiamo esterno.
Perché davvero forse, appunto, la realtà, o quella che definiamo tale, non esiste,

C’è solo un nostro terzo occhio che ci fa vedere le cose in una certa maniera, forse dettata dall’immaginazione o da un ancora misterioso, perchè poco conosciuto, meccanismo che regola i rapporti tra i nostri sensi e le parti cerebrali incaricate, attraverso sinapsi, di muoversi in rete per produrre ciò che definiamo pensiero.
Dovremo continuare a chiedere sempre più aiuto alle neuroscienze, forse… per tentare di convincerci appieno che

«lo sguardo è la cittadinanza del reale» e
che «anche la luce / ha le sue tattiche per confonderci le
idee», per rinviare l’epilogo.

Ed essendo noi stessi materia non possiamo che “parteciparne al destino” come ci ricorda l’autrice naturalmente con un desiderio di andare oltre i limiti, sempre, correndo i rischi necessari

Partecipo al destino della materia
provo il mondo mi sta stretto
cammino fra pagine di fuoco a piedi nudi…

e ancora

Il limite è un pensiero messo alle strette/dalla paura

ci dice Flaminia, e occorre superarlo, superando la paura, e lo si può fare soltanto con la nostra essenziale attitudine: la curiosità, alla ricerca della bellezza di questa “materia” che si propone continuamente e emana anche da noi stessi chiedendoci colloquio, comune scoperta e non vanamente senso.
Allora l’altra parola essenziale diventa la conoscenza o meglio il voler esplorare con tutte le nostre forze, davvero spalancando i sensi a quel che ci circonda, appare, e a volte scompare, con il tempo che scorre o forse, di nuovo no, e magari pulsa in un andirivieni continuo cui soggiaciamo.

Ecco perchè siamo spinti ad andare verso un oltre, consapevoli del nostro minimo esserci in carne e pensiero ma sentendoci creditori di curiosità e conoscenza e allora

sbirciamo nella serratura dell’universo
nella sua ideologia arbitraria e insolente
come analfabeti autorizzati all’impresa

e ancora

L’universo è un temporale d’immagini
accatastate l’una sull’altra
tenute in piedi dagli istanti dalla durata
come fiume musicale che scorre
nelle abitudini matematiche
contratte nel nostro spirito.

E sembra che Flaminia voglia tuffarsi e invitare anche noi a farlo, in questo temporale, fiume che scorre nel nostro spirito.

Ci si dice che siamo animali intelligenti, forse semplicemente con un linguaggio più complesso di altri esseri viventi cresciuto con l’evoluzione ma del pensiero non possiamo dire nulla perchè si nasconde prima di esprimersi, quando lo fa.

Ed è per questo che la poesia diventa essenzialmente pensiero al limite del silenzio perchè ci fornisce i luoghi del nostro esserci, del nostro ….senso della vita, se davvero c’è, oppure della casualità del nostro esserci qui e ora, tra una pulsazione e l’altra del tempo.
Naturalmente vale l’avvertimento iniziale di Flaminia
Attenzione!
Non sollecitare i versi con la ragione perché non
possono essere sottoposti a un valore di carico della
logica superiore a 0,025 gr/mq.
Allora davvero la poesia può davvero diventare l’oggetto di un piano di evacuazione (come condivido questo pensiero!) che non è una speranza di un al di là, una fuga illusoria perchè non c’è illusione ma solo il tentare si salvarsi oggi

«Allora che rimane? / Non rimane più niente».

A meno che non si voglia incontrare la poesia.

Gianfranco Isetta