Al momento stai visualizzando Gabriella Musetti su Poetica del plurilinguismo

Gabriella Musetti su Poetica del plurilinguismo

 

Antonio D’Alfonso, Poetica del plurilinguismo, Samuele Editore, Fanna (PN), 2015, pp. 62, euro 12

 
 

Quanto scrivere “tra le lingue” connota la produzione dei nuovi poeti contemporanei, quelli che si sono trovati a vivere una vicenda di migrazione e devono fare scelte linguistiche opportune alla propria vena creativa e all’ascolto delle proprie opere? Tema quanto mai interessante questo sollevato da Antonio D’Alfonso, nato a Montreal (dove vive) da genitori abruzzesi che parlano un dialetto originario, scolarizzato in inglese, poi la scelta di scrivere in francese e in inglese per accrescere la possibilità di diffusione dei suoi lavori. Scelta non indolore, meditata (“«Perché non scrivi in italiano?» mi chiedono spesso. La mia risposta è semplice: – «Perché!». Per la stessa ragione per cui scrivo in francese. Si scrive nella lingua che è sentita dalla propria comunità.”). Una scelta che apre una serie di interrogativi di pressante attualità, apre scenari impensati precedentemente, visto il mondo globalizzato in cui viviamo e viste le migrazioni sempre più diffuse nelle diverse parti del mondo, con i conseguenti mescolamenti di popoli, lingue, culture, per cui il rapporto originario con una sola lingua può diventare “debole”, non più fondante in assoluto di una scrittura letteraria.

Se non si usa nella scrittura pubblica la propria lingua di provenienza si abbandona una cultura, la si tradisce? si interroga D’Alfonso. La risposta è no, si appartiene a una cultura (nel caso specifico quella italiana), anche se se ne usa la lingua solo per comunicazioni che attengono alla sfera privata. Perché il riferimento e l’appartenenza a una cultura, a una tradizione è qualcosa di più complesso e ricco del solo uso della lingua. Utile il riferimento a Ovidio che l’autore propone: “Non è la lingua latina che mi permette di sentire, reagire a ciò che scrive Ovidio. Il punto di congiunzione tra interno(sé) ed esterno (l’altro) in Ovidio mi affascina o, piuttosto, mi fa vibrare”. Da qui parte un elogio della traduzione “unico traghetto che può condurre da un centro all’altro”, fondamentale per una relazione a più voci e una circolazione di opere di scrittura nella contemporaneità. E da qui l’appello ai giovani, soprattutto, a non rinchiudersi in una unica tradizione ma osare anche una lingua altra, diversa da quella parlata.

Ed ecco subito una seconda questione, questa volta preoccupante. Nei paesi di lingua anglofona e generalmente di cultura americana si traduce poco e quando le traduzioni esistono non destano interesse, cadono nell’indifferenza. Come se la cultura di riferimento da cui quel determinato testo è stato tradotto non riguardasse il pubblico, gli addetti ai lavori. Oppure si loda lo stile della traduzione quando è bella, a scapito dell’ascolto del messaggio del testo tradotto. È la caduta del multiculturalismo che resta soltanto una operazione politically correct, senza effetto alcuno.

Per uscire da questa impasse Antonio D’Alfonso propone una figura-modello di autore interessante: l’autore ostinato. Rifiutando sia il silenzio sia l’indifferenza indica nella ostinazione, nella perseveranza, nella forza di spirito a continuare il proprio lavoro senza preoccuparsi “dell’accoglienza riservata alle sue parole” il compito da perseguire. Perché il nuovo modello di autore che sta emergendo oggi è un autore che appartiene, sente di appartenere, a più culture, anche se non usa tutte le lingue ufficiali di queste culture nella propria produzione letteraria. Un autore che transita, ha transitato da un luogo all’altro, perché come ricorda l’autore “l’emigrazione è la regola non l’eccezione”. Così D’Alfonso sente di appartenere alla cultura italiana ma anche a quella inglese, francese. Come classificare questi nuovi scrittori? Dove collocarli, in quale tradizione culturale, se ha senso farlo? È chiaro che si propone una ridefinizione, una ridiscussione delle categorie, dei modelli, dei canoni. “Il poeta strappa il diritto di parola anche quando non scrive nella lingua della nazione”. Sono proprio gli scrittori che hanno questa posizione a-topica a cui va l’ammirazione di D’Alfonso.

Altro punto interessante della discussione, dato tra le righe ma inevitabilmente presente, è il grande tema dell’autotraduzione, questione già dibattuta in diversi luoghi e lavori, e che non sempre trova pareri concordi, anche se l’autotraduzione è stata esercitata nel tempo e nelle diverse letterature da numerosi scrittori e poeti.

Nel secondo saggio del volumetto si entra nel vivo del tema delle identità, delle nazioni, delle culture. Con una osservazione interessante: “Parlare della purezza della cultura è un paradosso: una cultura pura non esiste, la cultura è contaminata”. E più sotto: “La cultura è sempre la combinazione di culture diverse. La cultura è necessariamente pluralista”. Anche questi sono temi di stretta attualità, largamente dibattuti nelle diverse letterature e in particolare in quelle letterature che generalmente si definiscono della migrazione. Qui l’autore dopo aver fatto una veloce e utile carrellata storica sui concetti e le definizioni di nazione, stato, territorio, patria, entra nel vivo del dibattito rilevando come è proprio nelle terze generazioni della migrazione che questi argomenti diventano cruciali. Con autori che si trovano a fare i conti con le culture di provenienza e quelle acquisite nel transito. E la scelta di Antonio D’Alfonso decisamente si colloca in una dimensione pluriculturale in cui le culture stesse “si liberano dal territorio” per un nomadismo denazionalizzato, un transnazionalismo plurale senza centralizzazione di lingua, etnicità e religione, una sorta di spazio immaginato che esisterà se noi lo vogliamo. Ma su questo ultimo punto, a mio parere piuttosto utopico, ci vorrebbero ulteriori approfondimenti.

Gabriella Musetti

 
 

 
 
 
 

Samuele Editore

Samuele Editore nasce nel 2008 a Pordenone, nel nord est Italia. La stessa città di Pordenonelegge, una della più importanti manifestazioni letterarie nazionali. E città vicino a Casarsa, la terra di Pier Paolo Pasolini. Samuele Editore nasce riprendendo il marchio storico della Tipografia di Alvisopoli fondata nel 1810 da Nicolò Bettoni. La vecchia Tipografia nella sua storia pubblicò molte opere importanti come Le Api panacridi di Alvisopoli (1811, scritta per il figlio di Napoleone Bonaparte) di Vincenzo Monti. Poeta, scrittore, drammaturgo, traduttore tra i massimi esponenti del Neo Classicismo italiano. La Tipografia, che aveva per logo un’ape cerchiata da un tondo con il motto Utile Dulci, lavorò fino al 1852, anno della sua chiusura. Samuele Editore prende l’eredità di quel grandissimo momento storico prendendo gli stessi ideali e gli stessi obiettivi di Nicolò Bettoni. Intenzione bene esemplificata dal motto Utile dulci che Samuele Editore riprende a manifesto del suo lavoro. Si tratta infatti di un passo oraziano tratto dall’Ars poetica (13 a.c.): “Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci, Lectorem delectando pariterque monendo” – “ha avuto ogni voto colui che ha saputo unire l’utile al dolce, dilettando e nello stesso tempo ammonendo il lettore”. Lo stesso passo viene ripreso nel XVIII secolo dall’Illuminismo italiano col significato di “il lavoro e l’arte sono fondamento di una vita serena”. Ripreso nello stesso significato anche dalla tipografia di Nicolò Bettoni, è adesso concetto fondante e continuamente ispiratore della ricerca poetica e delle pubblicazioni di Samuele Editore. Già dopo pochi anni di attività Samuele Editore si è imposto all’attenzione della cultura nazionale lavorando con i maggiori esponenti della poesia, del giornalismo, della televisione italiana. Con un lavoro di promozione continuo sia con manifestazioni proposte dalla Casa Editrice (a Pordenone, Trieste, Venezia, Milano, Torino, Roma, Napoli, eccetera) sia con poartecipazione a Festival importanti (Pordenonelegge, Fiera del Libro di Torino, Ritratti di Poesia di Roma) sia con newsletter e pubblicità settimanali in internet, Samuele Editore è considerato uno dei migliori editori del settore Poesia in Italia e vanta una presenza nei maggiori giornali nazionali quali Il corriere della sera, L’espresso, e continue recensioni nella famosissima rivista Poesia (la maggiore rivista italiana del settore). Col desiderio di aumentare la conoscenza della Poesia italiana e del mondo, a maggio 2013 Samuele Editore apre un ufficio internazionale dedicato a quegli autori che intendono far leggere le proprie opere al pubblico e ai poeti italiani, da sempre unici e importantissimi nella poesia mondiale. Con l’esperienza di un ottimo libro di poesie inglesi tradotte in italiano (Patrick Williamson) e del maggior poeta vietnamita vivente (Nguyen Chi Trung) Samuele Editore si propone di tradurre e proporre in doppia lingua le opere più meritevoli di autori non italiani, continuando la ricerca delle grandi opere poetiche di autori famosi e non famosi, capaci però di scrivere grandi libri. In questo si inscrive la partecipazione, nel 2014, al New York Poetry Festival. Con la grandissima convinzione che la Poesia può diventare ponte internazionale tra le persone, per farle parlare, per farle capire, creando cultura.