Canti in carnia – Gianni Moroldo

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Canti in Carnia
Gianni Moroldo

Samuele Editore 2018, collana Scilla
prefazione di Maria Rosa Chiarot

pag. 84
Isbn. 978-88-94944-06-8

12 €
spese postali 2 €
 
 

I versi di Gianni Moroldo ribadiscono che la poesia nasce dalla piena maturità, non escludendo, naturalmente, che si possa essere maturi anche da giovani, essendo il genio quasi sempre precoce. Le sue poesie giungono con forza al cuore perché catturano ed esprimono verità profonde, il linguaggio è svelato e sincero, l’ispirazione vibrante. Come vibrante appare la personalità intellettuale ed umana di questo sorprendente “ragazzo” di circa ottant’anni che ha letto per tutta la vita i grandi autori “con lentezza perché ogni verso mi entrasse e rimanesse nello spirito” e che pratica quotidianamente la squisitezza come segno esistenziale innato.

Ho per certo che ancora oggi, colto da morte in troppo giovani anni, in Paradiso mio padre saprebbe impugnare pennato e accetta come per millenni fecero i suoi avi”. Secondo Moroldo il tempo non esiste, è un “non luogo” durante l’intera vita, dove i grandi e fondamentali avvenimenti, le esperienze di felicità e dolore persistono solo nel presente. Perciò il poeta più che di “tempo” preferisce parlare dello scorrere e rovinare (da “ruo” corro-rovino) dell’esistenza verso la sua fine: solamente il passato è accaduto irrevocabilmente e dura.

Maria Rosa Chiarot

 
 
 
 
La felicità del niente
 
Vorrei.
Come vorrei lanciarmi senza respiro
lungo il ripido pendio d’un prato
appena rinverdito,
camminare fischiettando una villotta
gli occhi a un nastro di cielo
che sbircia a nascondino tra le case,
di un nulla ridere nell’acqua
scherzando con gli amici,
rotolarsi sulla linea di sabbia del fiume
e tuffarsi nell’onda veloce
tagliando la pozza fonda di un vortice
e vivere pienamente nel presente
senza alcun pensiero molesto
per la vita o il domani.
Ah, gioia, felicità perfetta
d’essere ricchi di nient’altro
che dei tuoi quindici anni
traboccanti di musica e allegria,
colmi di felicità del niente,
di quel poco che sei
e d’una vita da abbracciare.
 
1968/2013
 
 
 
 
 
 
La pace di un piccolo paese
 
Non l’avrei mai ammesso un tempo,
ora, pur esule su queste terre,
mi è indispensabile il sospiro di chi non è più.
Volti di gente scomparsa trascurati per anni
oggi mi sono vicini,
vecchie parole e questo piccolo mistero
sempre più ora vibrano al presente
e più ancora profonda sento
la pace di un piccolo paese.
Poi cerco uno spiazzo di silenzi
tra l’oscurità di pini e abeti,
la bellezza di sentieri solitari
che salgono ripidi ai tuoi monti
e di Bach una cantata a quattro voci,
una fuga fiduciosa eppure triste
per chi più, con dolore,
in te non si ritrova.
 
1969-2013
 
 
 
 
 
 
Meriggio di luglio
 
Daûr Orts, a metà luglio
la calura spacca le rocce,
luce di fuoco fonde l’acciottolato,
arroventa gli antichi muri a secco.
Spietato il bianco penetra l’anima
e ogni rifugio della mente,
non un filo di vento nel mio cuore,
non il minimo sospiro in terra o in cielo
e il ramarro che a sussulti s’arrampica
sui muri sconnessi della “braide,”
improvviso passa un brivido
verde e turchino.
Inutile è scrollare sudore e sogni,
tu, mio verde, sei lontana,
e mentre ti cerco verso l’alto
l’azzurro mi investe
e stordisce i sensi ed ogni vena.
Ore di fuoco nel pensiero:
l’ora del diavolo in corpo
che l’anima dissolve in nulla,
follie d’una meridiana fuga
per viottoli e muraglie.
Malinconia è il rientro alle mie carte.
 
1959