dal Corriere della Sera La Lettura del 19 agosto

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di Giovanna Rosadini
 

[…] «Meglio parlare di gratuità, di dono, — chiarisce il poeta Andrea Temporelli —, da ficcare nella gola del Mercato come un osso immasticabile. Perché tutta la vita, appunto, è un dono. Perché la felicità stessa non è il risultato di un commercio, ma arriva gratis». Fra i gruppi di discussione quello promosso da Alessandro Canzian, alias Samuele editore, (una di quelle «eroiche» realtà poetico-editoriali citate da Di Stefano), che, riprendendo con un paradosso (quello della poesia «vegana», cioè sostanzialmente indefinibile), l’articolo di quest’ultimo, si interroga sul significato dell’entità «poesia», sui criteri atti a valutarla, a suo avviso oggi inesistenti, e su chi possa dirsi o definirsi poeta. Ho provato a ipotizzare qualche risposta. Per quanto riguarda quella che viene percepita come un’assenza di criteri valutativi (della poesia e dei poeti): certo (per fortuna) non esistono criteri universali, buoni per tutti. Ciascuno ha i suoi, dettati dall’esperienza, dal gusto, dal proprio background culturale. Questo personalmente lo vedo come un bene, non come un problema. Ci mancherebbe altro che esistesse un Pensiero unico in poesia! Dunque, così come certamente chi lavora nell’editoria applica dei criteri di valutazione variabili, basati per lo più sull’esperienza e sulle attitudini delle singole case editrici, così avviene anche per i critici, ciascuno dei quali, nell’odierna assenza di scuole di pensiero portanti e certificate, ha una propria sensibilità e applica un suo metodo. Infine, a me pare, partendo dalla mia esperienza prima nella macchina editoriale e poi come autrice (oltre che, in entrambi i casi, come fruitrice), che la poesia sia un mondo, piccolo ma variegato e complesso, anzi: una comunità. […]

 
 
[l’intero articolo di Giovanna Rosadini qui]